Nella macchia della Magona: differenze tra le versioni

Da La California Italiana.
(L'insoglio del cinghiale)
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Il cinghiale è una specie tipica della fauna europea e italiana, originariamente diffusa in gran parte della penisola. A partire dalla fine del 1500 la persecuzione diretta operata dall’uomo, accentuata dalle trasformazioni ambientali e dalla diffusione delle armi da fuoco, ha provocato una progressiva diminuzione del cinghiale che, all’inizio del XX secolo, sopravviveva con nuclei isolati solo nelle regioni tirreniche del centro e del sud Italia, nel Gargano e in Sardegna. La specie è ricomparsa sull’arco alpino nel 1919, quando alcuni animali provenienti dalla Francia colonizzarono Liguria e Piemonte; agli Anni ’50 risalgono invece gli ingressi di cinghiali in Friuli, provenienti dalla Slovenia. Dal secondo dopoguerra l’espansione della specie è stata fortemente favorita dall’intervento dell’uomo, attraverso le numerose immissioni a scopo venatorio, e oggi il cinghiale risulta distribuito senza soluzione di continuità nelle isole e dalla Calabria sino all’arco alpino occidentale, mentre nelle Alpi centro-orientali la sua presenza è ancora discontinua.
 
Il cinghiale è una specie tipica della fauna europea e italiana, originariamente diffusa in gran parte della penisola. A partire dalla fine del 1500 la persecuzione diretta operata dall’uomo, accentuata dalle trasformazioni ambientali e dalla diffusione delle armi da fuoco, ha provocato una progressiva diminuzione del cinghiale che, all’inizio del XX secolo, sopravviveva con nuclei isolati solo nelle regioni tirreniche del centro e del sud Italia, nel Gargano e in Sardegna. La specie è ricomparsa sull’arco alpino nel 1919, quando alcuni animali provenienti dalla Francia colonizzarono Liguria e Piemonte; agli Anni ’50 risalgono invece gli ingressi di cinghiali in Friuli, provenienti dalla Slovenia. Dal secondo dopoguerra l’espansione della specie è stata fortemente favorita dall’intervento dell’uomo, attraverso le numerose immissioni a scopo venatorio, e oggi il cinghiale risulta distribuito senza soluzione di continuità nelle isole e dalla Calabria sino all’arco alpino occidentale, mentre nelle Alpi centro-orientali la sua presenza è ancora discontinua.
 
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2) Quanti cinghiali ci sono oggi in Italia?Non esistono dati certi sul numero complessivo di cinghiali presenti nel nostro Paese, anche a causa delle difficoltà tecniche e i costi considerevoli che comporterebbe la stima assoluta delle consistenze. A partire dal numero di animali abbattuti è stata recentemente ricavata una stima approssimativa compresa tra 600.000 e 1.000.000 di cinghiali presenti sull’intero territorio nazionale.3) Quali sono i motivi dell’espansione e del notevole incremento del cinghiale degli ultimi decenni?Le cause che hanno favorito l’espansione e la crescita delle popolazioni sono molteplici. Un ruolo determinante hanno avuto le massicce immissioni di cinghiali a scopo venatorio, iniziate negli Anni ’50 con soggetti catturati all’estero e proseguite con animali provenienti da allevamenti nazionali. Importante è risultato anche il progressivo spopolamento di vaste aree montane e rurali, con la conseguente diminuzione della persecuzione diretta e il recupero del bosco in zone precedentemente utilizzate per l’agricoltura e la pastorizia. A queste di origine antropica si aggiungono cause di tipo naturale come l’intrinseca elevata capacità di colonizzare nuovi ambienti, l’enorme potenziale riproduttivo della specie e le condizioni climatiche divenute mediamente più favorevoli e pertanto meno limitanti.4) È vero che i cinghiali che attualmente vivono in Italia sono ormai geneticamente “inquinati” a causa delle introduzioni di razze dall’Europa centro-orientale?La diffusa convinzione che le ripetute introduzioni di cinghiali provenienti dai paesi centro europei e balcanici abbiano causato la scomparsa del cinghiale originario “italiano” o “maremmano” non trova conferma negli studi di genetica più recenti. I risultati delle ricerche dimostrano che il cinghiale nostrano presente oggi in Italia conserva ancora una buona porzione del patrimonio genetico originario, sebbene i segni dell’incrocio con cinghiali di provenienza estera emergano in diverse aree del Paese. Le ricerche, inoltre, se da un lato confermano il netto differenziamento della popolazione sarda, dall’altro pongono seri dubbi circa l’esistenza del cosiddetto “cinghiale maremmano”, le cui rinomate piccole dimensioni e limitata capacità riproduttiva si potrebbero ricondurre alle condizioni climatiche e ambientali tipiche della maremma toscana e laziale in cui la specie era sopravvissuta all’inizio del XX secolo.5) È vero che molte popolazioni selvatiche di cinghiale sono ibridate col maiale?Il maiale deriva da un processo di domesticazione del cinghiale avvenuto indipendentemente in diverse aree del continente eurasiatico durante il Neolitico (circa tra 12.000 e 3.000 anni a.C.). La comune origine rende possibile l’accoppiamento tra le due forme e la produzione di ibridi fertili. L’ibridazione può avvenire in natura, laddove siano presenti maiali allo stato brado (es. in Sardegna) oppure può essere indotta dall’uomo in cattività. L’incrocio con i maiali allo scopo di incrementare il potenziale riproduttivo (maggiore numero di gravidanze e numerosità delle cucciolate) e le dimensioni dei cinghiali allevati, appare come la causa primaria della diffusione di geni domestici nella popolazione selvatica. Non è tuttavia ancora chiaro quali ne siano le ripercussioni ecologiche. I segni dell’ibridazione sono spesso visibili nella morfologia (es. colore del mantello), ma meno evidenti a livello genetico a causa di una rapida diluizione dei geni domestici nella popolazione selvatica nelle generazioni successive all’incrocio.6) È vero che il cinghiale partorisce due volte all’anno e anche di più?Il cinghiale è l’ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all’intero anno, con un picco delle nascite in primavera. Il periodo riproduttivo del cinghiale è legato al ciclo estrale che ha cadenza mensile e si interrompe solo durante la gestazione e l’allattamento. Gli incrementi annuali sono influenzati dalla disponibilità di alimento, dal clima e dalle caratteristiche della popolazione. La maturità sessuale delle femmine è condizionata dal raggiungimento di un peso-soglia di circa 30 kg e non dall’età: anche femmine di età inferiore all’anno (dai 7 mesi) che abbiano raggiunto il peso-soglia possono riprodursi. In anni in cui la disponibilità alimentare è elevata e le condizioni ambientali sono favorevoli, un numero maggiore di femmine si riproduce e le cucciolate sono di dimensioni maggiori (in media 4-6 animali). Quando le condizioni ambientali o climatiche sono meno favorevoli, si riproducono solo le femmine adulte e in migliori condizioni fisiche. In alcune popolazioni si osserva un secondo picco annuale delle nascite, meno accentuato, in tarda estate–autunno dovuto alle femmine più giovani che raggiungono il peso-soglia solo in primavera. La possibilità che in condizioni ambientali favorevoli alcune femmine adulte in buone condizioni fisiche partoriscano due volte nello stesso anno, non ha mai trovato solide evidenze scientifiche ed è da ritenersi un evento possibile, data la biologia della specie, ma del tutto straordinario.7) Quali sono gli ambienti preferiti dal cinghiale?Il cinghiale è una specie estremamente adattabile, in grado di occupare una grande varietà di ambienti, con popolazioni più o meno consistenti a seconda delle disponibilità di cibo e rifugio e delle condizioni climatiche. In Italia la miglior combinazione di questi fattori si può ritrovare in alcuni ambienti forestali come i boschi cedui o la macchia mediterranea, laddove non vi siano climi troppo siccitosi o con neve al suolo persistente. Inoltre la specie può compiere spostamenti stagionali anche di alcuni chilometri, per sfruttare ambienti occasionalmente idonei come le aree agricole con coltivazioni appetite (es. cereali o vigneti) o addirittura le aree urbane, attratto dai rifiuti o dal cibo distribuito ai gatti randagi.8) Quanto si può spostare un cinghiale?Dotato di arti corti e aspetto tozzo, il cinghiale può essere considerato una specie sedentaria che, tuttavia, è in grado di compiere spostamenti molto importanti, anche di decine o, in casi eccezionali, di centinaia di chilometri. L’entità degli spostamenti è molto variabile e legata alle caratteristiche dell’ambiente, al sesso e all’età degli animali, alla densità di popolazione, alla disponibilità di cibo e al disturbo antropico, in particolare la caccia. Ad esempio, subito dopo i parti le femmine restringono i loro movimenti ad un’area molto ristretta (pochi ettari), che progressivamente si ampia ad alcune decine di ettari con la crescita dei piccoli, mentre maggiori sono le aree vitali necessarie ai maschi adulti (qualche centinaio di ettari). Gli individui giovani, soprattutto i maschi, tendono invece a compiere grandi spostamenti allontanandosi dal sito di nascita anche diverse decine di chilometri.9) Cosa mangia il cinghiale?Il cinghiale è un onnivoro opportunista con tendenza frugivora, perché pur basando la dieta sul consumo dei frutti del bosco (ghiande, castagne e faggiole), si adatta a modificare anche drasticamente l’alimentazione in base alla disponibilità. La quota principale della dieta è costituita da vegetali, dei quali il cinghiale utilizza sia le parti aeree (gemme, frutti, bacche e semi, ma anche sistemi fogliari), che le parti sotterranee (radici, rizomi, tuberi). Gli alimenti di origine animale, sono quantitativamente meno importanti ma sempre presenti in tutte le stagioni. Il cinghiale ricerca attivamente soprattutto invertebrati presenti nel terreno (lombrichi, larve, ecc.), ma consuma opportunisticamente anche altre prede (piccoli Mammiferi, nidiacei, uova, anfibi, ecc.) o carcasse di altri animali. Quando le risorse naturali sono scarse, le produzioni agricole risultano particolarmente attrattive e possono arrivare a rappresentare la quota più importante della dieta.10) È vero che la presenza del lupo è in grado di limitare il numero dei cinghiali?Il lupo è il principale predatore del cinghiale in Italia, sebbene anche i cani vaganti (randagi o padronali), siano in grado di predare occasionalmente la specie. Il cinghiale è una delle prede più frequentemente rappresentate nella dieta del lupo, che consuma anche le carcasse di cinghiali morti per altre cause. Data l’importanza della specie per il lupo, quindi, non è un caso se il cinghiale ha contribuito significativamente alla recente espansione del carnivoro nel nostro Paese. A livello europeo l’impatto del lupo sulle popolazioni di cinghiali causa una sottrazione di individui stimata tra il 4 ed il 45% della popolazione, in particolare animali giovani, cioè quelli che darebbero un contributo modesto all’incremento della popolazione. Sebbene In Italia non siano stati condotti studi specifici, i pochi dati disponibili stimano un impatto della predazione inferiore al 10%. Date le caratteristiche biologiche del cinghiale, la predazione del lupo non è ritenuta un fattore di regolazione (ovvero in grado di mantenere la densità del cinghiale a valori inferiori rispetto a quelli che si osserverebbero in assenza di predazione) e il suo effetto è considerato essenzialmente compensatorio (ovvero gli animali predati morirebbero comunque in assenza di predazione a causa di altri fattori di mortalità). Più che limitare il numero di cinghiali, si ritiene quindi che il lupo contribuisca a mantenere in buone condizioni le popolazioni, sottraendo gli individui più deboli o in peggior stato di salute.11) Il cinghiale è in grado di provocare impatti sulla biodiversità?Il cinghiale è una specie capace di provocare profondi cambiamenti, in particolare, agli ecosistemi forestali e prativi. Onnivoro e opportunista, scavando alla ricerca del cibo, può alterare profondamente le caratteristiche del suolo e del manto vegetale, accelerando i processi di decomposizione della sostanza organica del suolo stesso. Il cinghiale è inoltre in grado di consumare un gran numero di specie di animali terrestri e acquatici. Non va tuttavia dimenticato che è stato l’uomo a rendere il cinghiale una presenza “problematica” anche per la biodiversità; infatti gli impatti più significativi sulla biodiversità sono stati registrati in aree in cui il cinghiale è stato introdotto, in quanto specie non nativa, o dove è stato favorito l’innaturale aumento delle densità. Infine occorre ricordare che se da un lato il cinghiale costituisce una minaccia per la conservazione di determinate specie, dall’altro può avere, in alcuni contesti, un effetto positivo, ad esempio contribuendo all’aumento della biodiversità floristica.12) Quali e quanti sono i danni che il cinghiale causa alle attività umane?Quando le risorse naturali risultano insufficienti o più difficilmente accessibili, il cinghiale, grazie alla sua adattabilità, non esita ad utilizzare risorse di origine antropica, causando danni diretti e indiretti ad agricoltura e zootecnia. I danni all’agricoltura, provocati da consumo diretto, attività di scavo e calpestio, sono molto variabili, a seconda delle disponibilità di risorse naturali, ma anche della morfologia del paesaggio e dell’assetto agronomico. Il cinghiale è in grado di danneggiare praticamente tutti le tipologie colturali, dai prati pascolo ai cereali e alle produzioni ortofrutticole, arrivando talvolta a compromettere porzioni molto rilevanti del raccolto. In Italia non si hanno dati esaustivi sull’impatto del cinghiale sull’agricoltura, ma stime recenti indicano la specie quale responsabile del 90% dei 10 milioni di Euro di danni causati all’anno dagli Ungulati. La zootecnia, oltre a risentire del deterioramento delle aree pascolive e sottrazione di foraggi, può essere interessata da infezioni in grado di ridurre la produttività zootecnica o, nei casi più critici, determinare l’applicazione di misure obbligatorie di polizia veterinaria quali l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti infetti o il blocco delle movimentazioni di animali e loro derivati dall’area interessata dall’infezione.13) Si possono prevenire i danni causati dal cinghiale?I vari sistemi di prevenzione dei danni da cinghiale ricorrono a dissuasori di tipo chimico (olfattivi o gustativi), acustico (i cosiddetti “cannoncini” o altre fonti sonore più diversificate) o a barriere meccaniche o elettriche. L’efficacia e il costo di applicazione dei diversi sistemi variano in relazione alle modalità di applicazione e alle caratteristiche delle colture da proteggere; quindi la scelta va fatta valutando con attenzione il rapporto tra costi e benefici. Il sistema più diffuso e meno impattante sull’ambiente prevede l’installazione di recinzioni elettrificate, attive tutto l’anno o nei periodi di effettivo pericolo. Dato che la specie non corre rischi dal punto di vista conservazionistico, i danni alle attività antropiche possono essere limitati anche attraverso una programmazione del prelievo venatorio finalizzata a tale obiettivo.
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2) Quanti cinghiali ci sono oggi in Italia?Non esistono dati certi sul numero complessivo di cinghiali presenti nel nostro Paese, anche a causa delle difficoltà tecniche e i costi considerevoli che comporterebbe la stima assoluta delle consistenze. A partire dal numero di animali abbattuti è stata recentemente ricavata una stima approssimativa compresa tra 600.000 e 1.000.000 di cinghiali presenti sull’intero territorio nazionale.
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3) Quali sono i motivi dell’espansione e del notevole incremento del cinghiale degli ultimi decenni?Le cause che hanno favorito l’espansione e la crescita delle popolazioni sono molteplici. Un ruolo determinante hanno avuto le massicce immissioni di cinghiali a scopo venatorio, iniziate negli Anni ’50 con soggetti catturati all’estero e proseguite con animali provenienti da allevamenti nazionali. Importante è risultato anche il progressivo spopolamento di vaste aree montane e rurali, con la conseguente diminuzione della persecuzione diretta e il recupero del bosco in zone precedentemente utilizzate per l’agricoltura e la pastorizia. A queste di origine antropica si aggiungono cause di tipo naturale come l’intrinseca elevata capacità di colonizzare nuovi ambienti, l’enorme potenziale riproduttivo della specie e le condizioni climatiche divenute mediamente più favorevoli e pertanto meno limitanti.
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4) È vero che i cinghiali che attualmente vivono in Italia sono ormai geneticamente “inquinati” a causa delle introduzioni di razze dall’Europa centro-orientale?La diffusa convinzione che le ripetute introduzioni di cinghiali provenienti dai paesi centro europei e balcanici abbiano causato la scomparsa del cinghiale originario “italiano” o “maremmano” non trova conferma negli studi di genetica più recenti. I risultati delle ricerche dimostrano che il cinghiale nostrano presente oggi in Italia conserva ancora una buona porzione del patrimonio genetico originario, sebbene i segni dell’incrocio con cinghiali di provenienza estera emergano in diverse aree del Paese. Le ricerche, inoltre, se da un lato confermano il netto differenziamento della popolazione sarda, dall’altro pongono seri dubbi circa l’esistenza del cosiddetto “cinghiale maremmano”, le cui rinomate piccole dimensioni e limitata capacità riproduttiva si potrebbero ricondurre alle condizioni climatiche e ambientali tipiche della maremma toscana e laziale in cui la specie era sopravvissuta all’inizio del XX secolo.
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5) È vero che molte popolazioni selvatiche di cinghiale sono ibridate col maiale?Il maiale deriva da un processo di domesticazione del cinghiale avvenuto indipendentemente in diverse aree del continente eurasiatico durante il Neolitico (circa tra 12.000 e 3.000 anni a.C.). La comune origine rende possibile l’accoppiamento tra le due forme e la produzione di ibridi fertili. L’ibridazione può avvenire in natura, laddove siano presenti maiali allo stato brado (es. in Sardegna) oppure può essere indotta dall’uomo in cattività. L’incrocio con i maiali allo scopo di incrementare il potenziale riproduttivo (maggiore numero di gravidanze e numerosità delle cucciolate) e le dimensioni dei cinghiali allevati, appare come la causa primaria della diffusione di geni domestici nella popolazione selvatica. Non è tuttavia ancora chiaro quali ne siano le ripercussioni ecologiche. I segni dell’ibridazione sono spesso visibili nella morfologia (es. colore del mantello), ma meno evidenti a livello genetico a causa di una rapida diluizione dei geni domestici nella popolazione selvatica nelle generazioni successive all’incrocio.
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6) È vero che il cinghiale partorisce due volte all’anno e anche di più?Il cinghiale è l’ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all’intero anno, con un picco delle nascite in primavera. Il periodo riproduttivo del cinghiale è legato al ciclo estrale che ha cadenza mensile e si interrompe solo durante la gestazione e l’allattamento. Gli incrementi annuali sono influenzati dalla disponibilità di alimento, dal clima e dalle caratteristiche della popolazione. La maturità sessuale delle femmine è condizionata dal raggiungimento di un peso-soglia di circa 30 kg e non dall’età: anche femmine di età inferiore all’anno (dai 7 mesi) che abbiano raggiunto il peso-soglia possono riprodursi. In anni in cui la disponibilità alimentare è elevata e le condizioni ambientali sono favorevoli, un numero maggiore di femmine si riproduce e le cucciolate sono di dimensioni maggiori (in media 4-6 animali). Quando le condizioni ambientali o climatiche sono meno favorevoli, si riproducono solo le femmine adulte e in migliori condizioni fisiche. In alcune popolazioni si osserva un secondo picco annuale delle nascite, meno accentuato, in tarda estate–autunno dovuto alle femmine più giovani che raggiungono il peso-soglia solo in primavera. La possibilità che in condizioni ambientali favorevoli alcune femmine adulte in buone condizioni fisiche partoriscano due volte nello stesso anno, non ha mai trovato solide evidenze scientifiche ed è da ritenersi un evento possibile, data la biologia della specie, ma del tutto straordinario.
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7) Quali sono gli ambienti preferiti dal cinghiale?Il cinghiale è una specie estremamente adattabile, in grado di occupare una grande varietà di ambienti, con popolazioni più o meno consistenti a seconda delle disponibilità di cibo e rifugio e delle condizioni climatiche. In Italia la miglior combinazione di questi fattori si può ritrovare in alcuni ambienti forestali come i boschi cedui o la macchia mediterranea, laddove non vi siano climi troppo siccitosi o con neve al suolo persistente. Inoltre la specie può compiere spostamenti stagionali anche di alcuni chilometri, per sfruttare ambienti occasionalmente idonei come le aree agricole con coltivazioni appetite (es. cereali o vigneti) o addirittura le aree urbane, attratto dai rifiuti o dal cibo distribuito ai gatti randagi.
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8) Quanto si può spostare un cinghiale?Dotato di arti corti e aspetto tozzo, il cinghiale può essere considerato una specie sedentaria che, tuttavia, è in grado di compiere spostamenti molto importanti, anche di decine o, in casi eccezionali, di centinaia di chilometri. L’entità degli spostamenti è molto variabile e legata alle caratteristiche dell’ambiente, al sesso e all’età degli animali, alla densità di popolazione, alla disponibilità di cibo e al disturbo antropico, in particolare la caccia. Ad esempio, subito dopo i parti le femmine restringono i loro movimenti ad un’area molto ristretta (pochi ettari), che progressivamente si ampia ad alcune decine di ettari con la crescita dei piccoli, mentre maggiori sono le aree vitali necessarie ai maschi adulti (qualche centinaio di ettari). Gli individui giovani, soprattutto i maschi, tendono invece a compiere grandi spostamenti allontanandosi dal sito di nascita anche diverse decine di chilometri.
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9) Cosa mangia il cinghiale?Il cinghiale è un onnivoro opportunista con tendenza frugivora, perché pur basando la dieta sul consumo dei frutti del bosco (ghiande, castagne e faggiole), si adatta a modificare anche drasticamente l’alimentazione in base alla disponibilità. La quota principale della dieta è costituita da vegetali, dei quali il cinghiale utilizza sia le parti aeree (gemme, frutti, bacche e semi, ma anche sistemi fogliari), che le parti sotterranee (radici, rizomi, tuberi). Gli alimenti di origine animale, sono quantitativamente meno importanti ma sempre presenti in tutte le stagioni. Il cinghiale ricerca attivamente soprattutto invertebrati presenti nel terreno (lombrichi, larve, ecc.), ma consuma opportunisticamente anche altre prede (piccoli Mammiferi, nidiacei, uova, anfibi, ecc.) o carcasse di altri animali. Quando le risorse naturali sono scarse, le produzioni agricole risultano particolarmente attrattive e possono arrivare a rappresentare la quota più importante della dieta.
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10) È vero che la presenza del lupo è in grado di limitare il numero dei cinghiali?Il lupo è il principale predatore del cinghiale in Italia, sebbene anche i cani vaganti (randagi o padronali), siano in grado di predare occasionalmente la specie. Il cinghiale è una delle prede più frequentemente rappresentate nella dieta del lupo, che consuma anche le carcasse di cinghiali morti per altre cause. Data l’importanza della specie per il lupo, quindi, non è un caso se il cinghiale ha contribuito significativamente alla recente espansione del carnivoro nel nostro Paese. A livello europeo l’impatto del lupo sulle popolazioni di cinghiali causa una sottrazione di individui stimata tra il 4 ed il 45% della popolazione, in particolare animali giovani, cioè quelli che darebbero un contributo modesto all’incremento della popolazione. Sebbene In Italia non siano stati condotti studi specifici, i pochi dati disponibili stimano un impatto della predazione inferiore al 10%. Date le caratteristiche biologiche del cinghiale, la predazione del lupo non è ritenuta un fattore di regolazione (ovvero in grado di mantenere la densità del cinghiale a valori inferiori rispetto a quelli che si osserverebbero in assenza di predazione) e il suo effetto è considerato essenzialmente compensatorio (ovvero gli animali predati morirebbero comunque in assenza di predazione a causa di altri fattori di mortalità). Più che limitare il numero di cinghiali, si ritiene quindi che il lupo contribuisca a mantenere in buone condizioni le popolazioni, sottraendo gli individui più deboli o in peggior stato di salute.
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11) Il cinghiale è in grado di provocare impatti sulla biodiversità?Il cinghiale è una specie capace di provocare profondi cambiamenti, in particolare, agli ecosistemi forestali e prativi. Onnivoro e opportunista, scavando alla ricerca del cibo, può alterare profondamente le caratteristiche del suolo e del manto vegetale, accelerando i processi di decomposizione della sostanza organica del suolo stesso. Il cinghiale è inoltre in grado di consumare un gran numero di specie di animali terrestri e acquatici. Non va tuttavia dimenticato che è stato l’uomo a rendere il cinghiale una presenza “problematica” anche per la biodiversità; infatti gli impatti più significativi sulla biodiversità sono stati registrati in aree in cui il cinghiale è stato introdotto, in quanto specie non nativa, o dove è stato favorito l’innaturale aumento delle densità. Infine occorre ricordare che se da un lato il cinghiale costituisce una minaccia per la conservazione di determinate specie, dall’altro può avere, in alcuni contesti, un effetto positivo, ad esempio contribuendo all’aumento della biodiversità floristica.
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12) Quali e quanti sono i danni che il cinghiale causa alle attività umane?Quando le risorse naturali risultano insufficienti o più difficilmente accessibili, il cinghiale, grazie alla sua adattabilità, non esita ad utilizzare risorse di origine antropica, causando danni diretti e indiretti ad agricoltura e zootecnia. I danni all’agricoltura, provocati da consumo diretto, attività di scavo e calpestio, sono molto variabili, a seconda delle disponibilità di risorse naturali, ma anche della morfologia del paesaggio e dell’assetto agronomico. Il cinghiale è in grado di danneggiare praticamente tutti le tipologie colturali, dai prati pascolo ai cereali e alle produzioni ortofrutticole, arrivando talvolta a compromettere porzioni molto rilevanti del raccolto. In Italia non si hanno dati esaustivi sull’impatto del cinghiale sull’agricoltura, ma stime recenti indicano la specie quale responsabile del 90% dei 10 milioni di Euro di danni causati all’anno dagli Ungulati. La zootecnia, oltre a risentire del deterioramento delle aree pascolive e sottrazione di foraggi, può essere interessata da infezioni in grado di ridurre la produttività zootecnica o, nei casi più critici, determinare l’applicazione di misure obbligatorie di polizia veterinaria quali l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti infetti o il blocco delle movimentazioni di animali e loro derivati dall’area interessata dall’infezione.
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13) Si possono prevenire i danni causati dal cinghiale?I vari sistemi di prevenzione dei danni da cinghiale ricorrono a dissuasori di tipo chimico (olfattivi o gustativi), acustico (i cosiddetti “cannoncini” o altre fonti sonore più diversificate) o a barriere meccaniche o elettriche. L’efficacia e il costo di applicazione dei diversi sistemi variano in relazione alle modalità di applicazione e alle caratteristiche delle colture da proteggere; quindi la scelta va fatta valutando con attenzione il rapporto tra costi e benefici. Il sistema più diffuso e meno impattante sull’ambiente prevede l’installazione di recinzioni elettrificate, attive tutto l’anno o nei periodi di effettivo pericolo. Dato che la specie non corre rischi dal punto di vista conservazionistico, i danni alle attività antropiche possono essere limitati anche attraverso una programmazione del prelievo venatorio finalizzata a tale obiettivo.
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14) Si può limitare il numero di cinghiali tramite il controllo della fertilità?Il controllo della fertilità può essere attuato mediante sterilizzazione chirurgica o vaccini contraccettivi. La sterilizzazione chirurgica, implicando cattura, intervento chirurgico e decorso post-operatorio degli animali, determina elevati sforzi economici e logistici. Allo stato attuale sono disponibili solo vaccini contraccettivi la cui somministrazione può avvenire tramite iniezione, rendendo necessaria la cattura degli animali al fine di iniettargli la corretta dose di vaccino; ciò comporta evidenti limiti sul numero di animali trattabili. Inoltre i vaccini attualmente disponibili non garantiscono un’efficacia illimitata nel tempo ed è possibile che gli animali trattati riprendano a riprodursi. Indipendentemente dalla tecnica e dai vaccini utilizzati, per garantire una riduzione rilevante della capacità riproduttiva del cinghiale, è necessario sterilizzare in poco tempo la stragrande maggioranza delle femmine di una popolazione. Tale obiettivo è ad oggi impossibile da raggiungere nelle popolazioni a vita libera per evidenti motivi di ordine pratico ed economico.15) Qual è l’effetto della caccia sulle popolazioni di cinghiale?La caccia al cinghiale in Italia si svolge prevalentemente con il metodo della “braccata”, in cui una muta di cani, spesso molto numerosa e condotta da pochi cacciatori, spinge i cinghiali verso i tiratori posizionati tutto attorno all’area di caccia. La caccia in braccata, a differenza della mortalità naturale, si concentra sugli individui adulti (in particolare maschi e giovani), e provoca un’alterazione della struttura naturale delle popolazioni, abbassando progressivamente l’età media degli animali. Il disturbo provocato da questa forma di caccia altera il comportamento dei cinghiali che, oltre a diventare più schivi e attivi quasi solo di notte, possono arrivare a spostarsi anche per decine di chilometri. L’aumentata mobilità degli individui e la destrutturazione delle popolazioni possono influenzare la dinamica di trasmissione delle infezioni, favorendone il mantenimento nelle popolazioni di cinghiale o incrementandone diffusione (anche ai domestici e all’uomo).16) Il cinghiale è un pericolo per l’uomo?Il cinghiale è una specie elusiva generalmente non pericolosa per l’uomo. Gli attacchi diretti all’uomo sono rari ma talvolta in grado di causare ferite anche letali, e sono provocati per lo più dalla reazione di animali feriti nel corso di un’azione di caccia. Attacchi si possono verificare anche nel periodo riproduttivo o di allevamento della prole, come risposta aggressiva ad una situazione che l’animale percepisce come pericolosa. Anche l’interazione tra cinghiale e cani padronali non tenuti al guinzaglio può rivelarsi pericolosa nel caso in cui il padrone intervenga a protezione del proprio cane. Il pericolo più consistente per l’uomo deriva tuttavia dalle malattie che il cinghiale è in grado di trasmettere (zoonosi). Tra le principali malattie trasmissibili troviamo la trichinellosi che è una malattia parassitaria che viene contratta consumando carni crude o poco cotte di soggetti infestati. Esistono inoltre ulteriori malattie, quali Brucellosi, Epatite E e tubercolosi, il cui rischio di trasmissione si limita mediante una adeguata formazione dei cacciatori al trattamento dei capi abbattuti e al rispetto delle norme ispettive e igieniche.
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14) Si può limitare il numero di cinghiali tramite il controllo della fertilità?Il controllo della fertilità può essere attuato mediante sterilizzazione chirurgica o vaccini contraccettivi. La sterilizzazione chirurgica, implicando cattura, intervento chirurgico e decorso post-operatorio degli animali, determina elevati sforzi economici e logistici. Allo stato attuale sono disponibili solo vaccini contraccettivi la cui somministrazione può avvenire tramite iniezione, rendendo necessaria la cattura degli animali al fine di iniettargli la corretta dose di vaccino; ciò comporta evidenti limiti sul numero di animali trattabili. Inoltre i vaccini attualmente disponibili non garantiscono un’efficacia illimitata nel tempo ed è possibile che gli animali trattati riprendano a riprodursi. Indipendentemente dalla tecnica e dai vaccini utilizzati, per garantire una riduzione rilevante della capacità riproduttiva del cinghiale, è necessario sterilizzare in poco tempo la stragrande maggioranza delle femmine di una popolazione. Tale obiettivo è ad oggi impossibile da raggiungere nelle popolazioni a vita libera per evidenti motivi di ordine pratico ed economico.
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15) Qual è l’effetto della caccia sulle popolazioni di cinghiale?La caccia al cinghiale in Italia si svolge prevalentemente con il metodo della “braccata”, in cui una muta di cani, spesso molto numerosa e condotta da pochi cacciatori, spinge i cinghiali verso i tiratori posizionati tutto attorno all’area di caccia. La caccia in braccata, a differenza della mortalità naturale, si concentra sugli individui adulti (in particolare maschi e giovani), e provoca un’alterazione della struttura naturale delle popolazioni, abbassando progressivamente l’età media degli animali. Il disturbo provocato da questa forma di caccia altera il comportamento dei cinghiali che, oltre a diventare più schivi e attivi quasi solo di notte, possono arrivare a spostarsi anche per decine di chilometri. L’aumentata mobilità degli individui e la destrutturazione delle popolazioni possono influenzare la dinamica di trasmissione delle infezioni, favorendone il mantenimento nelle popolazioni di cinghiale o incrementandone diffusione (anche ai domestici e all’uomo).
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16) Il cinghiale è un pericolo per l’uomo?Il cinghiale è una specie elusiva generalmente non pericolosa per l’uomo. Gli attacchi diretti all’uomo sono rari ma talvolta in grado di causare ferite anche letali, e sono provocati per lo più dalla reazione di animali feriti nel corso di un’azione di caccia. Attacchi si possono verificare anche nel periodo riproduttivo o di allevamento della prole, come risposta aggressiva ad una situazione che l’animale percepisce come pericolosa. Anche l’interazione tra cinghiale e cani padronali non tenuti al guinzaglio può rivelarsi pericolosa nel caso in cui il padrone intervenga a protezione del proprio cane. Il pericolo più consistente per l’uomo deriva tuttavia dalle malattie che il cinghiale è in grado di trasmettere (zoonosi). Tra le principali malattie trasmissibili troviamo la trichinellosi che è una malattia parassitaria che viene contratta consumando carni crude o poco cotte di soggetti infestati. Esistono inoltre ulteriori malattie, quali Brucellosi, Epatite E e tubercolosi, il cui rischio di trasmissione si limita mediante una adeguata formazione dei cacciatori al trattamento dei capi abbattuti e al rispetto delle norme ispettive e igieniche.
  
 
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Versione delle 20:35, 24 mar 2022

Indice

Nella macchia della Magona

Nella Macchia della Magona è un percorso di esplorazione da intraprendere da soli o accompagnati da una guida per immergersi nella natura e nella storia di questa fantastica foresta.

Dall’area attrezzata di Casetta Campo di Sasso, si parte per la scoperta seguendo piste e sentieri che si inoltrano nel bosco. Scoprirete caratteristiche e curiosità e troverete 15 punti d’interesse con altrettante bacheche illustrative ed alcune installazioni che faciliteranno la “lettura del luogo”.

Attualmente sono operativi i primi 4 punti: Riconoscere gli alberi al tatto – l’insoglio del cinghiale. Una finestra sulla Macchia e Bibbona e il paesaggio toscano.

Venite a visitare la Macchia della Magona a Bibbona (LI).

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Primo percorso

Ricoscere gli alberi al tatto

Toccare gli alberi fa bene, la scienza conferma. Toccare gli alberi fa bene alla salute. È quanto sostiene Matthew Silverstone, autore del saggio Blinded by Science, Bendati dalla scienza ufficiale. Per ottenere benefici non è necessario toccare gli alberi, basta essere nelle vicinanze. Abbracciare gli alberi, un’idea della hippy generation molto criticata, è ora provata in modo scientifico: contrariamente alle credenze popolari, toccare un albero rende più sani. Per stare meglio non importa neppure toccarlo, l’albero: il solo essere nelle sue vicinanze ha lo stesso effetto. Parola di Matthew Silverstone, autore del saggio Blinded by Science, Bendati dalla scienza ufficiale.

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Tesi: tutto vibra, dal nucleo di un atomo alle molecole del nostro sangue e del nostro cervello. Suoni, piante, animali. Fino allo spazio esterno. Una volta compreso questo principio di base, tutto diventa improvvisamente chiaro: se applichiamo questa teoria al mondo intorno a noi, ci stupiremo di cosa potremo imparare.

Blinded by Science spiega come smettere di essere accecati dalla scienza, e offre una teoria che, se applicata a fattori come l’acqua, le piante, il sole e la luna, sembra avere un senso perfetto. Così, Silverstone prova scientificamente che gli alberi migliorano molti aspetti della salute: malattie mentali, disturbo di deficit di attenzione e iperattività (Adhd), livelli di concentrazione, tempi di reazione, depressione, emicranie. Innumerevoli studi – riferisce il blog Informare per Resistere – hanno dimostrato che i bambini mostrano effetti psicologici e fisiologici significativi in termini di salute e benessere quando interagiscono con le piante. Studi che dimostrano che i bambini stanno meglio, cognitivamente ed emotivamente, in ambienti verdi”.

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I piccoli “giocano in modo più creativo” se si trovano nel bel mezzo di un bosco. Una indagine sulla salute pubblica, programmata per studiare l’associazione tra spazi verdi e salute mentale, conclude che “l’accessibilità a spazi verdi può significativamente contribuire alle nostre capacità mentali e al nostro benessere”. Quale può dunque essere l’aspetto della natura che può avere effetti così significativi? “Fino ad ora si è pensato che fossero gli spazi aperti, ma Matthew Silverstone mostra che non si tratta di questo”. Piuttosto, il ricercatore inglese “prova scientificamente che sono le proprietà vibrazionali degli alberi e delle piante a darci i benefici in termini di salute, non gli spazi verdi e aperti”. La risposta a come piante ed alberi ci influenzino fisiologicamente sembra dimostrarsi molto semplice: “È tutto dovuto al fatto che ogni cosa ha una vibrazione, e differenti vibrazioni influenzano i comportamenti biologici”.

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È stato provato che, se beviamo un bicchiere di acqua trattato con una vibrazione di 10Hz, il nostro tasso di coagulazione sanguigna cambia immediatamente con l’ingestione dell’acqua trattata. Per Silverstone, accade lo stesso con le piante: “Quando tocchiamo un albero, la sua diversa vibrazione influenzerà vari comportamenti biologici del nostro corpo”. Questa idea 'vibrazionale', - spiega “Informare per Resistere” - è supportata nel libro da centinaia di studi scientifici, “che forniscono prove schiaccianti che l’abbracciare gli alberi non è una pazzia: non solo fa bene alla nostra salute ma può anche far risparmiare molti soldi ai nostri governi, offrendo una forma di trattamento alternativa e gratuita”. Secondo l’indagine, “spazi verdi e sicuri possono essere efficaci quanto una prescrizione medica nel trattare alcune forme di malattia mentale”. E se i medici, d’ora in poi, trattassero alcuni disturbi suggerendo una passeggiata nel parco piuttosto che una scatola di pillole? Articolo tratto da LIBRE Dal sito: www.ilcambiamento.it

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I Funghi del legno Fuscoporia torulosa: Corpo fruttifero a forma di conchiglia, ha superficie rugosa di colore bruno-arancio, bruno ruggine; margine tomentoso, arrotondato, di colore più chiaro. I tubuli hanno struttura a strati, tanti quanti gli anni di vita del fungo, sono di color cannella, bruno olivacei, bruno-rugginosi, i pori sono tondi e piccoli (5-6 per mm), cono concolori ai tubuli; il contesto è 1-3 cm, ma nel punto di fissaggio alla pianta ospite può essere considerevolmente più spesso; la carne è molto consistente, suberosa, porosa, tenace: non è commestibile. Dal sito www.talmamax.it/lignicoli.htm

La tana del Tasso Il tasso vive prevalentemente sotto terra, in tane da lui scavate attraverso le potenti unghie; riesce a realizzare una fitta rete di cunicoli, allargando la propria tana in più piani. All’interno delle gallerie scavate possiamo trovare diverse camere, una per i genitori, uno per i piccoli, e diverse uscite, per poter scappare dall’attacco di eventuali predatori. In basse altitudini l’animale non va in letargo, abbassando però di molto l’attività quotidiana, ma in latitudini dove il clima è più rigido il tasso si abbandona in un vero letargo; nei periodi precedenti alle prime nevi si nutre parecchio per accumulare grasso per resistere alle fredde temperature, e recupera materiale per foderare la sua tana, fatto di terriccio, foglie e sterpaglie. Quando è il momento, circa a Novembre, entra nella tana, chiude ogni boccaporto con il materiale recuperato e cade in un sonno profondissimo fino a 5 mesi circa, abbassando la temperatura corporea ed usando il grasso accumulato per sopravvivere fino al risveglio, verso Aprile. Mamma e papà tasso possono vivere assieme per molto tempo, fino a vent’anni, tempo che utilizzeranno per sistemare le loro gallerie al meglio rendendole confortevoli con erbe, muschi e sterpaglie; la tana del tasso è di fondamentale importanza nel periodo freddo, infatti durante l’inverno l’animale dorme parecchio uscendo raramente solo per dissetarsi. In alcune uscite notturne il tasso non rientra fino alla mattina successiva. Dal sito: www.laforzadeglianimali.it

Scarica qui la scheda: Ricoscere gli alberi al tatto, 2022

Ricoscere gli alberi al tatto, 2022

L'insoglio del cinghiale

1) Il cinghiale è sempre esistito in Italia? Il cinghiale è una specie tipica della fauna europea e italiana, originariamente diffusa in gran parte della penisola. A partire dalla fine del 1500 la persecuzione diretta operata dall’uomo, accentuata dalle trasformazioni ambientali e dalla diffusione delle armi da fuoco, ha provocato una progressiva diminuzione del cinghiale che, all’inizio del XX secolo, sopravviveva con nuclei isolati solo nelle regioni tirreniche del centro e del sud Italia, nel Gargano e in Sardegna. La specie è ricomparsa sull’arco alpino nel 1919, quando alcuni animali provenienti dalla Francia colonizzarono Liguria e Piemonte; agli Anni ’50 risalgono invece gli ingressi di cinghiali in Friuli, provenienti dalla Slovenia. Dal secondo dopoguerra l’espansione della specie è stata fortemente favorita dall’intervento dell’uomo, attraverso le numerose immissioni a scopo venatorio, e oggi il cinghiale risulta distribuito senza soluzione di continuità nelle isole e dalla Calabria sino all’arco alpino occidentale, mentre nelle Alpi centro-orientali la sua presenza è ancora discontinua.

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2) Quanti cinghiali ci sono oggi in Italia?Non esistono dati certi sul numero complessivo di cinghiali presenti nel nostro Paese, anche a causa delle difficoltà tecniche e i costi considerevoli che comporterebbe la stima assoluta delle consistenze. A partire dal numero di animali abbattuti è stata recentemente ricavata una stima approssimativa compresa tra 600.000 e 1.000.000 di cinghiali presenti sull’intero territorio nazionale.

3) Quali sono i motivi dell’espansione e del notevole incremento del cinghiale degli ultimi decenni?Le cause che hanno favorito l’espansione e la crescita delle popolazioni sono molteplici. Un ruolo determinante hanno avuto le massicce immissioni di cinghiali a scopo venatorio, iniziate negli Anni ’50 con soggetti catturati all’estero e proseguite con animali provenienti da allevamenti nazionali. Importante è risultato anche il progressivo spopolamento di vaste aree montane e rurali, con la conseguente diminuzione della persecuzione diretta e il recupero del bosco in zone precedentemente utilizzate per l’agricoltura e la pastorizia. A queste di origine antropica si aggiungono cause di tipo naturale come l’intrinseca elevata capacità di colonizzare nuovi ambienti, l’enorme potenziale riproduttivo della specie e le condizioni climatiche divenute mediamente più favorevoli e pertanto meno limitanti.

4) È vero che i cinghiali che attualmente vivono in Italia sono ormai geneticamente “inquinati” a causa delle introduzioni di razze dall’Europa centro-orientale?La diffusa convinzione che le ripetute introduzioni di cinghiali provenienti dai paesi centro europei e balcanici abbiano causato la scomparsa del cinghiale originario “italiano” o “maremmano” non trova conferma negli studi di genetica più recenti. I risultati delle ricerche dimostrano che il cinghiale nostrano presente oggi in Italia conserva ancora una buona porzione del patrimonio genetico originario, sebbene i segni dell’incrocio con cinghiali di provenienza estera emergano in diverse aree del Paese. Le ricerche, inoltre, se da un lato confermano il netto differenziamento della popolazione sarda, dall’altro pongono seri dubbi circa l’esistenza del cosiddetto “cinghiale maremmano”, le cui rinomate piccole dimensioni e limitata capacità riproduttiva si potrebbero ricondurre alle condizioni climatiche e ambientali tipiche della maremma toscana e laziale in cui la specie era sopravvissuta all’inizio del XX secolo.

5) È vero che molte popolazioni selvatiche di cinghiale sono ibridate col maiale?Il maiale deriva da un processo di domesticazione del cinghiale avvenuto indipendentemente in diverse aree del continente eurasiatico durante il Neolitico (circa tra 12.000 e 3.000 anni a.C.). La comune origine rende possibile l’accoppiamento tra le due forme e la produzione di ibridi fertili. L’ibridazione può avvenire in natura, laddove siano presenti maiali allo stato brado (es. in Sardegna) oppure può essere indotta dall’uomo in cattività. L’incrocio con i maiali allo scopo di incrementare il potenziale riproduttivo (maggiore numero di gravidanze e numerosità delle cucciolate) e le dimensioni dei cinghiali allevati, appare come la causa primaria della diffusione di geni domestici nella popolazione selvatica. Non è tuttavia ancora chiaro quali ne siano le ripercussioni ecologiche. I segni dell’ibridazione sono spesso visibili nella morfologia (es. colore del mantello), ma meno evidenti a livello genetico a causa di una rapida diluizione dei geni domestici nella popolazione selvatica nelle generazioni successive all’incrocio.

6) È vero che il cinghiale partorisce due volte all’anno e anche di più?Il cinghiale è l’ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all’intero anno, con un picco delle nascite in primavera. Il periodo riproduttivo del cinghiale è legato al ciclo estrale che ha cadenza mensile e si interrompe solo durante la gestazione e l’allattamento. Gli incrementi annuali sono influenzati dalla disponibilità di alimento, dal clima e dalle caratteristiche della popolazione. La maturità sessuale delle femmine è condizionata dal raggiungimento di un peso-soglia di circa 30 kg e non dall’età: anche femmine di età inferiore all’anno (dai 7 mesi) che abbiano raggiunto il peso-soglia possono riprodursi. In anni in cui la disponibilità alimentare è elevata e le condizioni ambientali sono favorevoli, un numero maggiore di femmine si riproduce e le cucciolate sono di dimensioni maggiori (in media 4-6 animali). Quando le condizioni ambientali o climatiche sono meno favorevoli, si riproducono solo le femmine adulte e in migliori condizioni fisiche. In alcune popolazioni si osserva un secondo picco annuale delle nascite, meno accentuato, in tarda estate–autunno dovuto alle femmine più giovani che raggiungono il peso-soglia solo in primavera. La possibilità che in condizioni ambientali favorevoli alcune femmine adulte in buone condizioni fisiche partoriscano due volte nello stesso anno, non ha mai trovato solide evidenze scientifiche ed è da ritenersi un evento possibile, data la biologia della specie, ma del tutto straordinario.

7) Quali sono gli ambienti preferiti dal cinghiale?Il cinghiale è una specie estremamente adattabile, in grado di occupare una grande varietà di ambienti, con popolazioni più o meno consistenti a seconda delle disponibilità di cibo e rifugio e delle condizioni climatiche. In Italia la miglior combinazione di questi fattori si può ritrovare in alcuni ambienti forestali come i boschi cedui o la macchia mediterranea, laddove non vi siano climi troppo siccitosi o con neve al suolo persistente. Inoltre la specie può compiere spostamenti stagionali anche di alcuni chilometri, per sfruttare ambienti occasionalmente idonei come le aree agricole con coltivazioni appetite (es. cereali o vigneti) o addirittura le aree urbane, attratto dai rifiuti o dal cibo distribuito ai gatti randagi.

8) Quanto si può spostare un cinghiale?Dotato di arti corti e aspetto tozzo, il cinghiale può essere considerato una specie sedentaria che, tuttavia, è in grado di compiere spostamenti molto importanti, anche di decine o, in casi eccezionali, di centinaia di chilometri. L’entità degli spostamenti è molto variabile e legata alle caratteristiche dell’ambiente, al sesso e all’età degli animali, alla densità di popolazione, alla disponibilità di cibo e al disturbo antropico, in particolare la caccia. Ad esempio, subito dopo i parti le femmine restringono i loro movimenti ad un’area molto ristretta (pochi ettari), che progressivamente si ampia ad alcune decine di ettari con la crescita dei piccoli, mentre maggiori sono le aree vitali necessarie ai maschi adulti (qualche centinaio di ettari). Gli individui giovani, soprattutto i maschi, tendono invece a compiere grandi spostamenti allontanandosi dal sito di nascita anche diverse decine di chilometri.

9) Cosa mangia il cinghiale?Il cinghiale è un onnivoro opportunista con tendenza frugivora, perché pur basando la dieta sul consumo dei frutti del bosco (ghiande, castagne e faggiole), si adatta a modificare anche drasticamente l’alimentazione in base alla disponibilità. La quota principale della dieta è costituita da vegetali, dei quali il cinghiale utilizza sia le parti aeree (gemme, frutti, bacche e semi, ma anche sistemi fogliari), che le parti sotterranee (radici, rizomi, tuberi). Gli alimenti di origine animale, sono quantitativamente meno importanti ma sempre presenti in tutte le stagioni. Il cinghiale ricerca attivamente soprattutto invertebrati presenti nel terreno (lombrichi, larve, ecc.), ma consuma opportunisticamente anche altre prede (piccoli Mammiferi, nidiacei, uova, anfibi, ecc.) o carcasse di altri animali. Quando le risorse naturali sono scarse, le produzioni agricole risultano particolarmente attrattive e possono arrivare a rappresentare la quota più importante della dieta.

10) È vero che la presenza del lupo è in grado di limitare il numero dei cinghiali?Il lupo è il principale predatore del cinghiale in Italia, sebbene anche i cani vaganti (randagi o padronali), siano in grado di predare occasionalmente la specie. Il cinghiale è una delle prede più frequentemente rappresentate nella dieta del lupo, che consuma anche le carcasse di cinghiali morti per altre cause. Data l’importanza della specie per il lupo, quindi, non è un caso se il cinghiale ha contribuito significativamente alla recente espansione del carnivoro nel nostro Paese. A livello europeo l’impatto del lupo sulle popolazioni di cinghiali causa una sottrazione di individui stimata tra il 4 ed il 45% della popolazione, in particolare animali giovani, cioè quelli che darebbero un contributo modesto all’incremento della popolazione. Sebbene In Italia non siano stati condotti studi specifici, i pochi dati disponibili stimano un impatto della predazione inferiore al 10%. Date le caratteristiche biologiche del cinghiale, la predazione del lupo non è ritenuta un fattore di regolazione (ovvero in grado di mantenere la densità del cinghiale a valori inferiori rispetto a quelli che si osserverebbero in assenza di predazione) e il suo effetto è considerato essenzialmente compensatorio (ovvero gli animali predati morirebbero comunque in assenza di predazione a causa di altri fattori di mortalità). Più che limitare il numero di cinghiali, si ritiene quindi che il lupo contribuisca a mantenere in buone condizioni le popolazioni, sottraendo gli individui più deboli o in peggior stato di salute.

11) Il cinghiale è in grado di provocare impatti sulla biodiversità?Il cinghiale è una specie capace di provocare profondi cambiamenti, in particolare, agli ecosistemi forestali e prativi. Onnivoro e opportunista, scavando alla ricerca del cibo, può alterare profondamente le caratteristiche del suolo e del manto vegetale, accelerando i processi di decomposizione della sostanza organica del suolo stesso. Il cinghiale è inoltre in grado di consumare un gran numero di specie di animali terrestri e acquatici. Non va tuttavia dimenticato che è stato l’uomo a rendere il cinghiale una presenza “problematica” anche per la biodiversità; infatti gli impatti più significativi sulla biodiversità sono stati registrati in aree in cui il cinghiale è stato introdotto, in quanto specie non nativa, o dove è stato favorito l’innaturale aumento delle densità. Infine occorre ricordare che se da un lato il cinghiale costituisce una minaccia per la conservazione di determinate specie, dall’altro può avere, in alcuni contesti, un effetto positivo, ad esempio contribuendo all’aumento della biodiversità floristica.

12) Quali e quanti sono i danni che il cinghiale causa alle attività umane?Quando le risorse naturali risultano insufficienti o più difficilmente accessibili, il cinghiale, grazie alla sua adattabilità, non esita ad utilizzare risorse di origine antropica, causando danni diretti e indiretti ad agricoltura e zootecnia. I danni all’agricoltura, provocati da consumo diretto, attività di scavo e calpestio, sono molto variabili, a seconda delle disponibilità di risorse naturali, ma anche della morfologia del paesaggio e dell’assetto agronomico. Il cinghiale è in grado di danneggiare praticamente tutti le tipologie colturali, dai prati pascolo ai cereali e alle produzioni ortofrutticole, arrivando talvolta a compromettere porzioni molto rilevanti del raccolto. In Italia non si hanno dati esaustivi sull’impatto del cinghiale sull’agricoltura, ma stime recenti indicano la specie quale responsabile del 90% dei 10 milioni di Euro di danni causati all’anno dagli Ungulati. La zootecnia, oltre a risentire del deterioramento delle aree pascolive e sottrazione di foraggi, può essere interessata da infezioni in grado di ridurre la produttività zootecnica o, nei casi più critici, determinare l’applicazione di misure obbligatorie di polizia veterinaria quali l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti infetti o il blocco delle movimentazioni di animali e loro derivati dall’area interessata dall’infezione.

13) Si possono prevenire i danni causati dal cinghiale?I vari sistemi di prevenzione dei danni da cinghiale ricorrono a dissuasori di tipo chimico (olfattivi o gustativi), acustico (i cosiddetti “cannoncini” o altre fonti sonore più diversificate) o a barriere meccaniche o elettriche. L’efficacia e il costo di applicazione dei diversi sistemi variano in relazione alle modalità di applicazione e alle caratteristiche delle colture da proteggere; quindi la scelta va fatta valutando con attenzione il rapporto tra costi e benefici. Il sistema più diffuso e meno impattante sull’ambiente prevede l’installazione di recinzioni elettrificate, attive tutto l’anno o nei periodi di effettivo pericolo. Dato che la specie non corre rischi dal punto di vista conservazionistico, i danni alle attività antropiche possono essere limitati anche attraverso una programmazione del prelievo venatorio finalizzata a tale obiettivo.

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14) Si può limitare il numero di cinghiali tramite il controllo della fertilità?Il controllo della fertilità può essere attuato mediante sterilizzazione chirurgica o vaccini contraccettivi. La sterilizzazione chirurgica, implicando cattura, intervento chirurgico e decorso post-operatorio degli animali, determina elevati sforzi economici e logistici. Allo stato attuale sono disponibili solo vaccini contraccettivi la cui somministrazione può avvenire tramite iniezione, rendendo necessaria la cattura degli animali al fine di iniettargli la corretta dose di vaccino; ciò comporta evidenti limiti sul numero di animali trattabili. Inoltre i vaccini attualmente disponibili non garantiscono un’efficacia illimitata nel tempo ed è possibile che gli animali trattati riprendano a riprodursi. Indipendentemente dalla tecnica e dai vaccini utilizzati, per garantire una riduzione rilevante della capacità riproduttiva del cinghiale, è necessario sterilizzare in poco tempo la stragrande maggioranza delle femmine di una popolazione. Tale obiettivo è ad oggi impossibile da raggiungere nelle popolazioni a vita libera per evidenti motivi di ordine pratico ed economico.

15) Qual è l’effetto della caccia sulle popolazioni di cinghiale?La caccia al cinghiale in Italia si svolge prevalentemente con il metodo della “braccata”, in cui una muta di cani, spesso molto numerosa e condotta da pochi cacciatori, spinge i cinghiali verso i tiratori posizionati tutto attorno all’area di caccia. La caccia in braccata, a differenza della mortalità naturale, si concentra sugli individui adulti (in particolare maschi e giovani), e provoca un’alterazione della struttura naturale delle popolazioni, abbassando progressivamente l’età media degli animali. Il disturbo provocato da questa forma di caccia altera il comportamento dei cinghiali che, oltre a diventare più schivi e attivi quasi solo di notte, possono arrivare a spostarsi anche per decine di chilometri. L’aumentata mobilità degli individui e la destrutturazione delle popolazioni possono influenzare la dinamica di trasmissione delle infezioni, favorendone il mantenimento nelle popolazioni di cinghiale o incrementandone diffusione (anche ai domestici e all’uomo).

16) Il cinghiale è un pericolo per l’uomo?Il cinghiale è una specie elusiva generalmente non pericolosa per l’uomo. Gli attacchi diretti all’uomo sono rari ma talvolta in grado di causare ferite anche letali, e sono provocati per lo più dalla reazione di animali feriti nel corso di un’azione di caccia. Attacchi si possono verificare anche nel periodo riproduttivo o di allevamento della prole, come risposta aggressiva ad una situazione che l’animale percepisce come pericolosa. Anche l’interazione tra cinghiale e cani padronali non tenuti al guinzaglio può rivelarsi pericolosa nel caso in cui il padrone intervenga a protezione del proprio cane. Il pericolo più consistente per l’uomo deriva tuttavia dalle malattie che il cinghiale è in grado di trasmettere (zoonosi). Tra le principali malattie trasmissibili troviamo la trichinellosi che è una malattia parassitaria che viene contratta consumando carni crude o poco cotte di soggetti infestati. Esistono inoltre ulteriori malattie, quali Brucellosi, Epatite E e tubercolosi, il cui rischio di trasmissione si limita mediante una adeguata formazione dei cacciatori al trattamento dei capi abbattuti e al rispetto delle norme ispettive e igieniche.


Scarica qui la scheda: L'insoglio del cinghiale, 2022
L'insoglio del cinghiale, 2022

Una finestra sulla macchia

La Macchia della Magona per secoli è stata anche un luogo di lavoro per gli abitanti di Bibbona, nei primi anni 50 del secolo scorso si contavano ancora circa cento boscaioli all’opera nel taglio della legna e nella produzione del carbone.

Oggi è presente una capillare rete di itinerari naturalistici costituiti da circa 54 km di sentieri individuabili attraverso la cartina fornita dalla Proloco e dagli Uffici Turistici del Comune di Bibbona, oppure consultabili e scaricabili al seguente link: Itinerari della Costa degli Etruschi

I percorsi, che attraversano tutto il bosco, raggiungono punti panoramici molto spettacolari.

La Macchia della Magona vista dalle Golazze aperte

Durante l’anno vengono organizzate visite guidate ed escursioni e durante il periodo estivo, piccole serate nel bosco.


La Magona offre anche la possibilità di praticare una particolare attività outdoor: l’antica arte del tiro con l’arco, una disciplina non competitiva che prevede l’utilizzo di archi tradizionali e frecce in legno
Tiro con l'arco

Ecco alcuni link utili:


Scarica qui la scheda del percorso: Una finestra sulla macchia, 2022

Una finestra sulla macchia, 2022

Bibbona ed il paesaggio toscano

Bibbona ed il paesaggio toscanoIl tipico paesaggio toscano, è uno scenario dolce e equilibrato, coltivato con sapienza ed ordine, protetto nella sua originaria bellezza; è nello stesso tempo un modello di insediamento razionale un opera d’arte naturale. Se si studia attentamente il paesaggio toscano si ravvisa una singolare capacità dell’uomo di suddividere il suolo in una perfetta geometria di campi, ad armonizzare le masse di colore, che alternano l’oro delle messi al verde dei boschi, i filari delle viti e le zone degli uliveti, i casolari e i villaggi con le belle ville e i loro giardini all’italiana.

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All’inizio del 1500 Leonardo da Vinci realizzò la “mappa della Toscana occidentale a volo d'uccello”, ovvero con una prospettiva dall'alto, come se l'artista stesse sorvolando le zone. Dal particolare, si vede il paese di Bibbona, la costa disabitata e buona parte della pianura ancora occupata dalle paludi.

Carta a volo d'uccello della Toscana occidentale, Leonardo da Vinci, 1503

Il paesaggio che osserviamo oggi è invece il risultato delle modifiche apportate per secoli dall’azione umana: la grande pineta costiera, piantata per proteggere dal vento salmastro le terre bonificate, le cittadine sulla costa e più nell’interno, le zone agricole con i vecchi poderi che, anche se alcuni trasformati in agriturismi e resort, conservano ancora gran parte del loro caratteristico mosaico di coltivazioni.

Paesaggio 4.PNG

Con l’aiuto del puntatore ad arco possiamo individuare la posizione dei paesi vicini e dei luoghi che si vedono dal punto panoramico di Poggio Cavaliere

Il puntatore

Il paese di Bibbona, di cui vediamo bene la Rocca, ha origini etrusche alle quali risale un’originale statuetta bronzea di un capro, diventata simbolo del paese, ed oggi conservato nel Museo Archeologico di Firenze.

La riproduzione del Caprone di Bibbona davanti la Chiesa di S. Maria della Pietà a Bibbona

Si racconta che nel medioevo, Bibbona fosse uno dei castelli più forti della Maremma, cinto da mura turrite e difeso da un profondo fosso. Evidenti anche i legami con l'agricoltura, infatti secondo uno statuto del 1400, i capo famiglia erano tenuti a piantare ogni anno almeno un olivo e due alberi da frutto ed anche a fare l'orto

Bibbona vista dalla sua campagna

Qui puoi trovare alcuni link utili per approfondire la storia di Bibbona:

Scarica qui la scheda: Bibbona ed il paesaggio toscano, 2022

Bibbona ed il paesaggio toscano, 2022
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